«La parte economica del nostro contratto non viene rinnovata da ben 10 anni. Un’eternità. I giornalisti assunti hanno perso il 10% del potere di acquisto in 24 mesi a causa dell’inflazione. E al peggio non c’è fine. I colleghi precari vivono oramai sotto la soglia di povertà. Lavorano per meno di 1000 euro al mese. Eppure anche grazie a loro prende forma il diritto costituzionale a una libera informazione». Lo dice Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi, in un’intervista ad Aldo Fontanarosa pubblicata su Repubblica giovedì 15 febbraio 2024.
In uno scenario in cui il governo sta cancellando la pubblicità legale dai quotidiani, il che porterà ad una perdita altri 45 milioni di risorse in un anno per gli editori e a cascata per i giornalisti, per la numero uno del sindacato è necessaria «una legge che obblighi i colossi della Rete, come Facebook, a trattare con gli editori italiani. Le piattaforme social – rileva – ospitano contenuti pregiati, opera dei nostri migliori giornalisti. E grazie a questi contenuti, i social vendono pubblicità incamerando i ricavi. Una parte di questi soldi spetta a cronisti ed editori».
Ad aggravare la situazione, un quadro normativo che stenta a divenire operativo, con il regolamento attuativo della direttiva europea sul diritto d’autore stilato dall’Agcom (con «regole efficaci che portano le piattaforme social e gli editori al tavolo della trattativa») ancora nel limbo dopo che il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di Facebook rinviando il provvedimento alla Corte di Giustizia della Ue.
«Perché la Corte si pronunci ci vorranno due anni. E la sua sentenza arriverà in un’Italia desertificata. Decine di testate soprattutto locali avranno chiuso. Qui ci sono in ballo i diritti chiave dei giornalisti», osserva Costante, per la quale l’auspicio è che il Consiglio di Stato, cui l’Authority si è rivolta contro la sentenza del Tar, «capisca quanto grandi siano gli interessi ideali in campo».
Citando, infine, l’esempio di Mediaset, protagonista di una «tenace difesa dei suoi contenuti da ogni appropriazione indebita», anche nei confronti degli algoritmi dell’intelligenza artificiale «capaci di impossessarsi voracemente di ogni opera pubblicata in Internet», la segretaria generale ricorda come gli editori italiani abbiano «sottovalutato Internet» negli anni 90 regalando poi «le notizie, e dunque il lavoro stesso dei giornalisti, dai loro siti solo gratuiti».
Da qui l’appello agli editori a non ripetere gli errori del passato. «Alle prime trattative con i giganti della Rete sono andati separati. Prendano esempio da canadesi e australiani che invece hanno fatto fronte comune, alla fine vincendo la loro battaglia», conclude Costante.