Presunzione di innocenza, divieto di pubblicare il testo delle ordinanze di custodia cautelare, riforma della diffamazione: tutte norme che mettono a repentaglio il diritto dei cittadini ad essere informati. Alcune sono già legge, altre sono in discussione. Leggi che nel loro insieme, e assieme al nodo mai sciolto delle azioni giudiziarie intimidatorie contro i cronisti, restituiscono un quadro allarmante per la libertà di stampa, tanto che sul punto l’Ordine nazionale dei giornalisti ha convocato una conferenza stampa, lunedì 11 ottobre 2024, nella sede dell’associazione della stampa estera, a Roma, dal titolo ‘Giustizia, informazione a rischio’.
«Rischiamo di assomigliare più alla Turchia che agli Stati Uniti», ha denunciato il presidente del Cnog, Carlo Bartoli, che ha ribadito la preoccupazione dei rappresentanti della categoria per «una serie di norme che a nostro avviso, soprattutto se coordinate, limitano fortemente la libertà di stampa, di informazione e il diritto dei cittadini di essere informati».
Per Domenico Affinito, è in corso una «revisione non organica e dannosa delle norme che riguardano l’attività giornalistica», norme che «diventano veri e propri bavagli soprattutto per la stampa locale». Al contrario – ha sostenuto il segretario aggiunto vicario della Fnsi – servirebbe «una nuova stagione legislativa che riprendesse in mano tutte le norme che riguardano la nostra professione» per consentire ai giornalisti di poter svolgere adeguatamente il loro lavoro. «Alcune sono da riscrivere, la legge sulla stampa è del ’48 e ha elementi antistorici al suo interno», ha osservato Affinito.
All’incontro erano presenti – fra gli altri – anche il consigliere nazione dell’Ordine Gianluca Amadori, coordinatore di un gruppo di lavoro del Cnog che su questi temi ha realizzato l’e-book ‘Informazione e giustizia’; il cronista Pasquale Napolitano, di recente condannato dal Tribunale di Nola a otto mesi di carcere per diffamazione a mezzo stampa oltre al risarcimento dei danni e delle spese legali; lo scrittore e giornalista Gian Antonio Stella, che si è soffermato sul tema delle intercettazioni.
Secondo Stella, rinunciarvi significa perdere «qualcosa di fondamentale», come nel caso dei «primi giorni dopo il terremoto de L’Aquila, quando un’intercettazione tra due imprenditori andò su tutti i giornali». Chi riassume «non può rendere l’idea» di quelle parole, ha commentato.