Querele bavaglio, libertà di informazione, tutela delle fonti e del diritto dei cittadini ad essere informati. Questi i temi portati in piazza dal Consiglio nazionale della Fnsi, mercoledì 14 dicembre 2022, per ribadire l’esigenza non più rinviabile di norme stringenti a difesa del giornalismo e della qualità del lavoro dei giornalisti. Il ritrovo in via Teulada, nei pressi del Centro di produzione Rai, insieme, fra gli altri, con i colleghi di Usigrai, Ordine, Report, Domani, PresaDiretta, Articolo21, associazione amici di Roberto Morrione, Sant’Egidio, Arci, Libera.
«Siamo qui per essere vicini anche fisicamente alla redazione di Report, una delle più colpite dall’attacco alla tutela delle fonti e al diritto di cronaca, ma siamo qui per le giornaliste e i giornalisti di tutti i giornali e le trasmissioni che ogni giorno devono fare i conti con le querele bavaglio, con le conseguenze delle norme sulla presunzione di innocenza, con i divieti di avvicinarsi ai migranti che sbarcano dalle navi. Siamo qui per rimarcare il nostro no a qualunque forma di bavaglio all’informazione», ha esordito il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti.
«La situazione era già precaria – ha aggiunto – e ora tra prefetti che intervengono nei porti, questori, giudici che vogliono valutare la rilevanza sociale e querele bavaglio di governo, precipitosamente lasceremo quel 58° posto nelle graduatorie internazionali per la libertà di stampa per raggiungere rapidamente Polonia e Ungheria. Questo non è un problema dei giornalisti, è un problema dell’ordinamento democratico».
Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi, ha evidenziato la necessità che tutti prendano coscienza del fatto che «si sta creando in questo Paese un clima ostile nei confronti dell’informazione e di chi fa informazione. Sequestri degli strumenti di lavoro, pedinamenti, azioni legali bavaglio sono diversi aspetti di un unico tentativo di indebolire il giornalismo anche attraverso atti concreti per smantellare i diritti dei lavoratori».
Ad esempio, ha spiegato, «in queste ore si sta parlando di stanziare 100 milioni per distruggere occupazione senza alcuna intenzione di pensare a come creare lavoro, senza alcuna attenzione per i giornalisti precari. Si vuole un’informazione sempre più debole, che non sia in grado di nuocere o dare fastidio. Per questo si punta ad avere una categoria di giornalisti altrettanto debole. Questo vale per il diritto di cronaca, ma ancor di più sul fronte della tutela del diritto del lavoro».
Fra le testimonianze anche quelle del direttore del quotidiano Domani, Stefano Feltri e del conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, di Elisa Marincola, portavoce di Articolo21, del segretario dell’Usigrai, Daniele Macheda, che ha ricordato che «c’è bisogno di verità, ma non ci sono tutele a difesa del segreto professionale o contro le querele temerarie».
Per Walter Massa, presidente nazionale dell’Arci, «questi sono temi di libertà che interessano non solo i giornalisti ma tutti i cittadini. Si parla di lavoro, diritti, democrazia: argomenti che riguardano ciascuno di noi». Patrick Boyle e Marinela Diaz della rete Free Assange Italia hanno illustrato le ragioni della mobilitazione a sostegno del giornalista fondatore di WikiLeaks.
«Querele e minacce fanno ancora più male se sei un giornalista precario, senza tutele, senza garanzie», ha detto quindi Mattia Motta che, in chiusura, insieme con Tiziana Tavella e Valerio Tripi dell’Assostampa Siciliana, ha presentato l’iniziativa lanciata a Palermo dell’albero di Natale precario. «La categoria – hanno rilevato – deve avere il coraggio di parlare dei problemi dei colleghi precari, delle condizioni di lavoro. Non è una questione corporativa, ma riguarda il diritto dei cittadini ad essere informati da giornalisti liberi e indipendenti».